8 2011 Giovanni Oberti Senza titolo (Spettatore, tempo, spazio, superficie)

Clessidra (Spettatore, tempo, spazio, superficie), 2011
Mine di grafite, colla, nastro adesivo
13 x 49 cm.
Fotografia Floriana Giacinti

Hourglass (Spectator, time, space, surface), 2011
Grafite mines, glue, adhesive tape
13 x 49 cm.
Photo Floriana Giacinti

 

 

Arise Therefore

Arise Therefore, con questo argot la galleria Enrico Fornello presenta la mostra di Giovanni Oberti e della messicana Daniela Huerta, proposta per la prima volta in Italia. Il titolo della mostra, estrapolata dall’omonimo album dei Palace Music, alias Will Oldham, reca in sé un margine d’idiosincrasia semantica che contraddistingue, alla lettera, il lavoro dei due artisti. Si potrebbe parlare di una sorta di pragmatica dell’idioma. Esso è infatti quella singolarità irrico- noscibile che si innesca mentre si disfa e si disfa mentre si innesca, dandoci accesso solo al- l’organizzazione della sua stessa inaccessibilità. Che cosa c’è allora? Che cosa arriva nono- stante tutto? Forse l’incalcolabile stesso; ciò che affonda senza fine in una creazione fonda- mentalmente involontaria, offrendosi come figura, cioè come ‘pura’ deviazione, milieu, inne- sto che viene sempre prima di aver luogo.
Il gesto idiomatico di Oberti e di Huerta non sa nulla di sé, esso non potrà né affermarsi né tra- sgredirsi perché non esiste parte che gli corrisponda, totalità in cui possa essere inserito, unità da cui possa essere estratto. Queste opere si rinserrano nella sostanza a priori di un evento ma- teriale che ospita in sé la propria impossibilità a delimitarsi, nel processo di un prima senza avere dove tutto, pur senza scoprirsi, viene allo scoperto. Arise Therefore esibisce così il fanta- sma non esorcizzato in cui si darebbe forse l’essenza esatta della cosa, questa cosa e niente al- tro; l’idioma irrintracciabile appunto che -senza continuità e senza interruzione -non cessa mai di divenire il sintomo, il segno e l’appello che ci rivolge l’anonimato.

Alessandro Sarri, 2011

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’imballo in galleria

Una doppia personale che sviscera in alternanza contenitori e contenuti, attrito e pratica dell’apparire. La messicana Huerta e il bergamasco Oberti da Enrico Fornello a Milano.

La parlata criptica, tra Daniela Huerta (Guadalajara, 1982; vive a Berlino) e Giovanni Oberti (Bergamo, 1982; vive a Milano), avviene tecnicamente attraverso gli oggetti. Scatole, scatoloni, pacchetti di sigarette, pacchi postali rotti, scarti di nastro adesivo e clessidre di mine incrociate. Il dibattito impronunciabile che si scambiano i due artisti è fatto di rimandi e intercessioni. Il loro discorso dialettico nasce tanto per verificare un territorio formale implicito, quanto per escludere il resto del tempo da indisturbate visioni interne. Nascere dunque, presentarsi prima di verificarsi e comparire prima di accadere restano dettami fondamentali per l’effetto-sospensione di cui Arise therefore riluce.

Ginevra Bria, 2011

 

 


Clessidra, 2018
Via Novara, Abbiategrasso